Efficienza energetica. Avanti tutta! (III parte)

er quanto riguarda l’Italia, le attuali valutazioni di potenziale al 2020, realizzate dall’ENEA, portano a ritenere che un obiettivo compreso fra il 15-20% sia realizzabile a costo zero o a costi trascurabili. Tuttavia, occorre una svolta nella politica nazionale. Non servono nuovi atti o leggi, se non sostenuti da una convinta volontà politica.

Più che di misure straordinarie (leggi “piano straordinario di efficienza energetica” previsto dalla legge sviluppo entro la fine del 2009), o di un piano nazionale che rimane nei cassetti (vedi piano del Ministero dello Sviluppo economico del luglio 2007, un documento che è diventato un vero e proprio “fantasma” nell’ambito della nostra legislazione), per non parlare del Dlgs 155 del 2008, che ha recepito la direttiva quadro sull’efficienza energetica negli usi finali (che è rimasto lettera morta), il nostro Paese ha bisogno di una politica convinta sull’efficienza energetica, in maniera tale da agevolare la riduzione dei gas serra, il rispetto dell’obiettivo di sviluppo delle rinnovabili e la riduzione della nostra dipendenza energetica dall’estero, favorendo nello stesso tempo l’accelerazione degli investimenti nelle tecnologie e nei servizi energetici e la ripresa economica, partendo dalle PMI che caratterizzano il tessuto produttivo del nostro paese.

Il principale fattore di stimolo del rilancio delle politiche di efficienza passa attraverso la responsabilizzazione delle regioni, in coerenza con gli impegni già assunti in Europa e che dovranno essere rinnovati dopo Copenhagen. Senza  obiettivi regionali al 2020 non potremo ambire a risultati incisivi al 2050 e oltre. Occorre infatti tener presenti i  tempi di realizzazione delle infrastrutture di efficientamento necessarie nei trasporti e nell’edilizia.

Nei trasporti è inderogabile, anche per ridurre l’incidentalità stradale e la congestione, un Piano di Emergenza Trasporti Passeggeri basato sulle infrastrutture di trasporto per l’efficienza energetica, cioè capaci di sfruttare il vasto potenziale di efficienza energetica nella mobilità passeggeri e merci insito nelle modalità alternative alla strada (rotaia e trasporto marittimo). Mentre qualcosa è stato fatto nei trasporti a lunga distanza (leggi TAV), la vera emergenza oggi e per i prossimi decenni sono i trasporti locali.  L’ultimo esempio è il finanziamento pubblico di centraline per la ricarica di auto elettriche, capace solo di generare nuovi costi esterni da mobilità privata, attraverso lo stimolo all’acquisto di terze e quarte nuove auto per famiglia. Alla luce del salto qualitativo che richiede l’emergenza climatica, anche continuare a puntare sul trasporto pubblico su gomma rischia di essere poco efficace: rischia di non soddisfare le esigenze di qualità ambientale, accessibilità, tempestività di arrivo e di velocità richieste dall’utenza. La scriteriata e pericolosa diffusione che hanno avuto le due ruote nei nostri centri urbani più congestionati (come risposta all’assenza di alternative di trasporto pubblico) dimostra che, o il servizio pubblico diventa competitivo con le prestazioni offerte dalle due ruote, o ogni tentativo di rafforzamento dei trasporti pubblici continuerà a risultare fallimentare.

La cura c’è, e lo dimostrano le metropoli internazionali dotate di una capillare rete metropolitana e di collegamento ferroviario con l’hinterland. In Italia ci siamo dimenticati (ci abbiamo rinunciato, forse per sfinimento) che l’unica via di uscita è un convinto programma di estensione e potenziamento del trasporto locale di massa su rotaia, e questo lungo i tre assi prioritari: ambito urbano, collegamenti città-periferia (metropolitane leggere, linee ferroviarie locali-regionali) e collegamenti intercity regionali. In una situazione di risorse economiche scarse, non bisogna arrendersi: che si ricorra al project financing e, per la quota di contributo pubblico, che l’amministrazione applichi l’analisi costi benefici nell’uso delle risorse pubbliche per individuare le priorità d’intervento (i bacini di traffico che denunciano le situazioni più critiche, come l’hinterland milanese, il Veneto, il Lazio, l’area di Firenze, la Liguria e molti altri casi). Visti i risultati degli studi sui costi esterni dei trasporti in Italia (5-10% del PIL!), le risorse pubbliche salteranno fuori, perché oggi l’incidentalità stradale, l’inquinamento e la congestione da traffico pesano non solo sui singoli cittadini ma anche e pesantemente sulle casse dello Stato.

Nel trasporto merci, le soluzioni sono analoghe sotto il profilo infrastrutturale, con un ruolo da protagonista non solo per la rotaia ma anche per il trasporto marittimo (soprattutto nel trasporto merci, ma anche in quello passeggeri si potrebbe fare di più, come dimostra l’esempio delle autostrade del mare della penisola sorrentina): l’efficienza energetica “spinta” richiede un programma per la realizzazione di infrastrutture a supporto del trasporto combinato strada-rotaia (centri intermodali e relativi collegamenti) e a supporto del combinato marittimo (piccole e medie infrastrutture per il miglioramento della logistica e dei collegamenti  fra il porto e le arterie stradali e ferroviarie abilitate al traffico merci). Amareggia constatare che le finalità di sicurezza stradale e “decongestionamento strutturale”  non siano riconosciute dalla politica come delle vere e proprie emergenze sociali, e che la priorità del supporto pubblico all’investimento in questi due settori sia data ad altri progetti, sub-ottimali nei profili di utilità pubblica.

Anche nell’edilizia sono necessari massicci investimenti infrastrutturali e immobiliari, anche se qui la situazione di policy è diversa, in quanto sono appena entrati in vigore i primi Decreti attuativi (DPR 59/2009 e DM 26/6/2009) del Decreto legislativo 192/2005, che ha recepito la nota direttiva europea del 2002 sugli standard energetici e la certificazione edilizia, introducendo, fra l’altro, disposizioni specifiche, molto più ambiziose degli obblighi comunitari. Data la portata di questo nuovo corpus normativo, di cui l’Europa sta già discutendo la fase due (proposte di direttive della Commissione del 13 novembre 2008) andando a influire in maniera ancor più incisiva sulle singole unità immobiliari, in Italia sarebbe necessaria perlomeno una massiccia campagna informativa finalizzata a informare, sensibilizzare e coinvolgere tutti i soggetti interessati dall’applicazione della normativa. In particolare, è necessaria una vasta opera di sensibilizzazione sul certificato energetico dell’edificio e di valorizzazione delle informazioni ivi riportate, ad esempio traducendo gli indicatori energetici di sintesi forniti dal cruscotto in extracosti costi annui dell’unità immobiliare rispetto al miglior standard di riferimento.

Per quanto riguarda gli strumenti di incentivazione delle misure di efficienza energetica, oltre alle detrazioni fiscali fruibili per gli interventi nell’edilizia, l’Italia ha un meccanismo di portata generale, quello dei Titoli di Efficienza Energetica (o “certificati bianchi”), che sta avendo buoni risultati e che dovrebbe essere visto come una best practice nazionale da esportare in tutta  Europa (non ultimo, proprio per ottimizzare il raggiungimento degli obiettivi di CO2). Per raccordare i certificati bianchi con gli obiettivi europei al 2020, bisognerà estendere l’ambito di applicazione dell’obbligo di risparmio, sia riducendo le soglie dimensionali per l’obbligo nei settori già coperti (distributori di elettricità e gas), sia coinvolgendo i  settori di consumo finale sinora rimasti esclusi. L’incremento dell’obbligo di risparmio energetico determinerà un forte incremento del valore di mercato dei certificati bianchi, necessario per stimolare gli investimenti più onerosi. Nell’immediato, ne beneficeranno soprattutto le ESCO, gli Energy e i Mobility manager sempre a corto di risorse, gli operatori di logistica, i gestori delle grandi flotte veicolari, navali e aeree che sapranno realizzare progetti di efficienza. A medio e lungo termine ne beneficeranno tutti gli utenti: famiglie, imprese, pubbliche amministratori, con ricadute utili per l’intero paese.

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